Quanto è
ragionevole, per un paese la cui economia dipende al 98% dalle
entrate petrolifere e che è tra i più poveri al mondo, decidere di
bloccare la sua intera produzione di greggio? Poco, pochissimo.
Eppure è proprio questa la decisione senza precedenti che il governo
della neonata repubblica del Sud Sudan ha preso nei giorni scorsi: il
consiglio dei ministri di Juba ha deliberato venerdì in favore dello
stop totale all'estrazione e all'esportazione di petrolio, che
dovrebbe diventare operativo tra due settimane. E che rimarrà in
vigore fino a nuovo ordine, che, ha spiegato il ministro per il
petrolio e le attività minerarie, Stephen Dhieu Dau, arriverà solo
quando il governo del vicino Sudan, dal quale Juba si è staccata il
9 luglio scorso, accetterà “un compromesso equo”. Oppure quando
il Sud Sudan avrà delle nuove infrastrutture che lo rendano
indipendente da quelle sudanesi.
domenica 22 gennaio 2012
mercoledì 18 gennaio 2012
martedì 17 gennaio 2012
Sudan, Mohammed Hassan Alim "Boushi" è libero
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Mohammed Hassan Alim "Boushi", da mimzology.blogspot.com |
mercoledì 11 gennaio 2012
Violenze in Sud Sudan, la sfida per Unmiss
Nel mio ultimo post, ho riportato le parole esatte pronunciate dalla Rappresentante speciale del Segretario Generale dell'ONU, Hilde Johnson, sulla conferma o meno del bilancio provvisorio delle vittime degli scontri nella contea di Pibor che era circolato nei giorni prima.
Lo riporto di nuovo. Tra le altre cose Johnson qualche giorno fa ha detto che
"al momento non siamo certi dei numeri, ma sappiamo che le aree più popolose come Pibor e Likuangole sono state ampiamente protette. Abbiamo bisogno di valutare la situazione con cura".Sappiamo che le aree più popolose sono state ampiamente protette. A cosa si riferiscono queste parole? Chi ha protetto chi? Venendo dal capo della missione di pace delle Nazioni Unite, direi che è ovvio che si riferiscano al ruolo dei caschi blu di Unmiss. Che necessità aveva Johnson di sottolinearlo?
lunedì 9 gennaio 2012
Ancora su Pibor: un anniversario di riflessione per il Sud Sudan
A pochi giorni dagli attacchi dei lou nuer alla contea di Pibor, terra dei murle, le Nazioni Unite e le organizzazioni umanitarie, governative e non, presenti in Sud Sudan hanno avviato una "major emergency operaration"nel Jonglei sud-orientale. "Questa operazione d'emergenza sarà la più complessa e costosa in Sud Sudan da quando il Comprehensive Peace Agrement è stato firmato nel 2005", ha detto Lisa Grande, humanitarian coordinator delle Nazioni Unite nella neonata repubblica.
sabato 7 gennaio 2012
Scontri tribali in Sud Sudan, solo violenza "tradizionale"?
Pubblico anche qui l'articolo scritto per Repubblica online sugli scontri dei giorni scorsi nella contea di Pibor, Jonglei orientale. Aggiungo però anche un servizio del 3 gennaio di Al-Jazeera English, in esclusiva dalla città di Pibor, perché le immagini servono sempre.
Villaggi rasi al suolo dalle fiamme, 3141 vittime, di cui 2182 tra
donne e bambini e 959 uomini, decine di migliaia di bovini rubati: è questo il bilancio, ancora
provvisorio, delle violenze che nei giorni scorsi hanno insanguinato
la contea di Pibor, nel Sud Sudan centro-orientale. Una violenza
largamente prevedibile, in realtà, ma che nessuno è riuscito a
fermare: nell'ultima settimana del 2011, l'anno che ha visto la tanto
attesa indipendenza del Sud Sudan, circa seimila lou nuer hanno
raggiunto e attaccato diversi villaggi della contea, terra della
popolazione murle, una delle molte decine che compongono il complesso
mosaico etnico della nuova repubblica.
martedì 27 dicembre 2011
Khalil Ibrahim e George Athor: destini paralleli in Sudan e Sud Sudan
Due leader ribelli uccisi a pochi giorni di distanza l'uno dall'altro. Il primo a cadere è stato il generale George Athor, da circa un anno e mezzo in armi contro il governo del Sud Sudan. Il secondo, la cui morte è stata annunciata nelle prime ore del giorno di Natale, è Khalil Ibrahim, da dieci anni presidente del Justice and equality movement (Jem), uno dei gruppi ribelli "originali" del Darfur.
Due morti che hanno smosso le acque limacciose delle situazioni interne di Sudan e Sud Sudan e che potrebbero avere delle conseguenze di medio e lungo termine. O forse no, perché è difficile, ora come ora, prevedere cosa succederà ai movimenti che i due leader avevano fondato e che dirigevano e come quindi evolveranno le cose.
Ma chi erano George Athor e Khalil Ibrahim? Iniziamo dal primo a cadere, l'ultimo a prendere le armi contro il suo governo. Fino a inizio 2010 Athor è stato un generale dello Spla, l'ex movimento ribelle diventato, dopo la pace del 2005, esercito regolare del Sud Sudan. Negli anni successivi al Cpa era stato promosso a vice capo di stato maggiore del nuovo esercito, con la delega per l'orientamento politico e morale. Ma alla vigilia delle elezioni generali del 2010 Athor ha deciso di sfidare il candidato scelto dal partito per il posto di governatore dello stato di Jonglei, Kuol Manyang Juuk, e si è quindi presentato come indipendente. Quando le urne hanno dato la vittoria a Kuol Manyang, Athor non ha accettato il risultato, a suo dire (e secondo molti altri in Jonglei) fasullo, e ha preso le armi contro l'esercito di cui aveva fatto parte, nei suoi gradi più alti, fino a pochi mesi prima.
Due morti che hanno smosso le acque limacciose delle situazioni interne di Sudan e Sud Sudan e che potrebbero avere delle conseguenze di medio e lungo termine. O forse no, perché è difficile, ora come ora, prevedere cosa succederà ai movimenti che i due leader avevano fondato e che dirigevano e come quindi evolveranno le cose.

venerdì 25 novembre 2011
Egitto, Sudan: quando l'attivismo politico costa carissimo
Oggi è la giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Sacrosanta, ovunque nel mondo: nelle nostre città del Nord ricco e ancora di più in paesi dove, accanto alla violenza privata, resiste ancora una violenza pubblica sulle donne. Emblematico è allora il caso di Mona el-Tahawy, blogger, opinionista e giornalista egiziana e americana, molto conosciuta in entrambi i suoi paesi, che l'altro ieri è stata arrestata al Cairo, tenuta 12 ore sotto custodia (si fa per dire... la parola custodia presupporrebbe una cura e un'attenzione che in questi casi mancano sempre!) degli uomini della Sicurezza dello Stato, che l'hanno bendata, picchiata e assalita sessualmente. Hanno scelto la persona sbagliata. Perché appena liberata, grazie anche alla sua doppia nazionalità, Mona ha ripreso a twittare, anche se con una mano e un braccio rotti dalle botte. E la sua fama internazionale ha fatto sì che la notizia di quello che le è successo abbia fatto il giro del mondo. Qui di seguito il video della sua intervista con la CNN.
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mercoledì 23 novembre 2011
Rivoluzioni on air: non solo Cairo
Sono giorni convulsi questi. Nella mia amata Cairo, ad Alessandria, nel resto dell'Egitto. Ma anche negli altri paesi del Medio Oriente e del Nord Africa. Sto cercando di seguire passo passo soprattutto gli eventi del Cairo, che sento più vicini a me. Però non ne voglio parlare qui, non adesso almeno. Vi consiglio invece di seguire con attenzione sia il blog di Paola Caridi, sia il sito di Arabist, da cui ho tratto questa "mappa" delle posizioni dei diversi movimenti, partiti e personalità egiziane rispetto alle offerte dello SCAF.
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dal sito www.arabist.net |
domenica 13 novembre 2011
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