sabato 23 luglio 2011

Di progetti-sentinella, rapporti Onu e posizioni politiche

Il tutto riferito al Kordofan meridionale. Mea culpa, non ne ho parlato quasi per nulla nelle ultime settimane. Nell'ultimo post che avevo dedicato allo stato nordsudanese, avevo riferito della firma ad Addis Abeba di un accordo-quadro che sembrava sbloccare lo stallo tra Ncp e Splm-N iniziato con le elezioni in Kordofan meridionale a inizio maggio e proseguito con lo scoppio della crisi militare il 5 giugno.
In realtà, quell'accordo ha avuto vita breve.
Perchè pur essendo stato firmata, per il governo e l'Ncp, da Nafie Ali Nafie, vicepresidente del partito e potente consigliere presidenziale, l'intesa è stata quasi subito disconosciuta dal presidente Bashir, che ha dato ordine alle Saf, l'esercito sudanese, di continuare con le operazioni in Kordofan meridionale fino a che le ultime sacche di resistenza non saranno eliminate. StillSudan ha letto in questo improvviso voltafaccia presidenziale un problema di ordine interno al partito di governo e potrebbe aver ragione. Ma le speculazioni sulle fratture e ricomposizioni di alleanze interne all'Ncp si rincorrono dall'arrivo al potere di Bashir nel 1989 e avere una chiara e soprattutto certa idea di quel che succeda nel partito di governo sudanese è tutt'altro che facile.
Quello che si sa con certezza è invece che i dialoghi di Addis Abeba sul Kordofan meridionale sono di fatto sospesi. Forse morti. Mentre nella regione il conflitto continua. Ma su quello che succede sul terreno è molto difficile fare chiarezza. Giornalisti e diplomatici sono tenuti alla larga dalla regione, mentre Unmis, la missione delle Nazioni Unite per il Sudan, ha concluso il suo mandato il 9 luglio, con la fine del Comprehensive peace agreement (Cpa) e l'indipendenza del Sud Sudan. Rimangono alcune ong e fonti locali, ma è comunque molto difficile avere riscontri indipendenti su quel che sta succedendo.
Complice forse la scadenza del mandato, nei giorni scorsi è stato reso noto un rapporto di Unmis sulla situazione dei diritti umani in Kordofan meridionale. Un rapporto che non lascia spazio a dubbi interpretativi, come dimostrano i paragrafi che seguono:
(...) 24. Since the fighting erupted in Kadugli and spread to other parts of Southern Kordofan, UNMIS Human Rights has received credible reports of a series of extrajudicial killings targeted at people in Southern Kordofan who are affiliated with the SPLA and SPLM, most of whom are of the African Nuban people. (...)
38. Both the SAF and the SPLA are reported to have laid anti-personnel land mines in strategic areas of Kadugli town. In particular, the SAF is reported to have mined the Kalimo neighbourhood and the SPLA is reported to have laid land mines in areas around the deputy governor’s residence. According to an UNDSS report, a vehicle driving in the Kalimo area within Kadugli hit a land mine instantly killing one of its passengers and destroying the vehicle. Aerial bombardments.
39. Since the eruption of the conflict, the SAF has carried out daily aerial bombardments into the Nuba Mountains and in several towns and villages populated by Nubans. The consequences of these bombardments on the Nuban people and in particular civilians, including women and children, are devastating. They have resulted in significant loss of life, destruction of properties, and massive displacement. UNMIS Human Rights has received photographs of mangled and mutilated bodies of civilians, some cut into halves, including women and children. (...)
Ad aumentare la pressione sul governo di Khartoum c'ha pensato anche il Satellite Sentinel Project, creato dall'Enough Project con i finanziamenti di George Clooney. Il 14 luglio Enough ha reso nota la notizia di avere "prove visive di fosse comuni". Ovviamente la notizia è stata ripresa dai principali giornali stranieri, anche se qualche giorno dopo, sulle pagine del Washington Post, è arrivata una smentita. E non da Khartoum, ma da Washington: l'inviato in Sudan di Obama, Princeton Lyman, ha detto che "non possiamo confermare le conclusioni del Sentinel Project che ci sono fosse comuni a Kadugli".
Se quindi sulla ricostruzione dei fatti di Satellite Sentinel Project rimangono dubbi, non c'è nessuna certezza nemmeno sulla conferma o la smentita di un'altra notizia circolata nei giorni scorsi. Non si tratta di una notizia da poco: il Justice and Equality Movement (Jem), uno dei gruppi ribelli del Darfur, forse il più importante sul piano militare, ha detto di aver preso parte assieme allo Spla (c'è un problema di nomi qui: forse sarebbe più corretto dire agli ex Spla rimasti al Nord oppure il braccio militare dello Splm-N, visto che ora come ora Spla è il nome dell'esercito regolare del Sud Sudan e quindi l'utilizzo dello stesso termine per i Monti Nuba potrebbe generare confusione) a un'azione in Kordofan meridionale contro le Saf.
La versione del portavoce del Jem è stato immediatamente smentita da Khartoum e dalle Saf, che peraltro continuano a dire di avere il totale controllo dello stato. Pochi giorni dopo, è arrivata la contraddizione: le Saf hanno fatto sapere che nello scontro del 17 giugno contro Jem e Splm-N in Kordofan meridionale l'esercito ha fatto prigioniero il comandante militare del Jem nello stato, il generale di brigata Al-Toom Toto.
Dove stia la verità non è dato sapere. Ma tutta la questione rimane importante per due elementi: 1. conferma quanto sia difficile, se non impossibile, sapere con esattezza, con notizie confermate indipendentemente, cosa stia succedendo in Kordofan meridionale; 2. Splm-N sta probabilmente cercando (e forse, almeno per quanto riguarda il Jem, ci sta anche già riuscendo) di creare convergenze con altri gruppi in armi contro Khartoum. L'idea non è nuova. Anzi, è stata per anni, se non per decenni, una delle strategie seguite da John Garang, fondatore e leader dello Splm/a. Che infatti aveva portato quasi da subito la guerra anche nei monti Nuba, in Nilo Azzurro meridionale e, più tardi, nell'Est del paese. C'aveva provato anche con il Darfur, a inizio anni Novanta, ma l'impresa non era riuscita.
Ora i suoi successori al Nord, lasciato andare il Sud che ha preferito l'indipendenza, sembrano intenzionati a ripercorrere tracce che hanno già seguito in prima persona agli ordini di Garang. Si può leggere anche questo tra le righe del comunicato rilasciato ieri dalla leadership dello Splm-N, al termine di una due-giorni che ha riunito sui Monti Nuba Malik Agar, presidente del partito e governatore del Nilo Azzurro (altro stato potenzialmente a rischio), Abdel Aziz al-Hilu, vicepresidente dello Splm-N e comandante militare dei nuba, e il segretario generale Yasir Arman. Anche se il comunicato dice che lo Splm-N discuterà e renderà noto entro un mese la decisione sulla strategia da seguire (regime change or change through a national consensus program agreed upon by all political forces) l'appello alle "forze del cambiamento" (che presumibilmente includono sia gli altri partiti politici che i gruppi armati attivi in Sudan) è netto e ha chiare finalità:
The meeting renewed the invitation to the forces of change, and particularly forces of the new Sudan, to work together to build a movement for change (the Forces of the New Sudan), and to agree on a common umbrella under united leadership to contest the battles of today and tomorrow, and to pave the road of the future. This future will allow the Sudanese people to maintain the unity of the North Sudan on a new basis; restore the unity of Sudan, North and South, based on the reality of the existence of two independent countries; and to work towards a greater unity or confederation between them and other neighboring countries.
Bisognerà vedere come risponderà Khartoum. Ma è facile prevedere che la reazione non sarà certo delle più positive. Le divergenze sono profonde, anche per quel che riguarda i negoziati: da condurre all'estero, con la mediazione di una terza parte per lo Splm-N, da gestire internamente per l'Ncp. Senza negoziati, non sarà neanche possibile verificare l'apertura fatta qualche giorno fa dal ministro degli esteri di Khartoum Ali Karti, che parlando all'Afp ha parlato di una possibilità di inviare peacekeepers in Kordofan meridionale "se ci sarà l'accordo tra le parti". Una posizione che in realtà non fa una piega: perchè ci siano dei peacekeepers, ci deve essere anche una pace. (E comunque è già arrivata la smentita, da parte dello stesso Ali Karti).

PS: Oggi ho passato buona parte della giornata a leggere le notizie che arrivavano da Oslo e ad arrabbiarmi per come i giornali - italiani e stranieri - hanno ieri dato la notizia dell'attentato. Paola Caridi, nel suo blog invisiblearabs, ha scritto un post molto bello sugli untori, la paura e il cattivo giornalismo. Lo condivido fin nelle virgole.

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