Così sembrerebbe, almeno a leggere le dichiarazioni degli ultimi giorni di vari alti esponenti del National Congress Party (Ncp). Qualche timido passo avanti rispetto al mio ultimo post, o almeno così pare. Ha iniziato Qutbi al-Mahdi, capo del political bureau dell'Ncp, che ha risposto positivamente alla disponibilità di Abdel Aziz al-Hilu a tornare al tavolo negoziale, ribadita in un'intervista ad As-sharq al-awsat. Ieri è stata la volta di Ahmed Haroun, il governatore del Kordofan meridionale, che, stando a quanto riporta la Reuters, ha detto che "le porte per il dialogo e la pace sono spalancate". Allo stesso tempo però Haroun ha accusato al-Hilu di essersi coordinato con i ribelli del Darfur per attaccare il governo e il suo esercito, pianificando anche, come riporta Sudan Tribune, un colpo di mano per assumere il controllo dello stato nordsudanese.
Nonostante le aperture alla possibile ripresa dei negoziati da entrambe le parti, i toni rimangono battaglieri. Difficile quindi capire se si tratti di mosse tattiche - sia la sbandierata disponibilità a trattare, sia le reciproche accuse - o di reale sostanza. I tempi sudanesi possono essere molto lunghi e i processi poco lineari, con molti stop-and-go, arretramenti e possibili deviazioni (lo spiega bene "Waging peace in Sudan", scritto da Hilde Johnson, insider nei negoziati che hanno portato alla firma del Comprehensive peace agreement e ora inviata del segretario generale dell'Onu per il Sud Sudan). Una soluzione potrebbe essere lontana...
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