martedì 17 gennaio 2012

Sudan, Mohammed Hassan Alim "Boushi" è libero

Mohammed Hassan Alim "Boushi", da mimzology.blogspot.com
Un giovane ingegnere, un attivista che, di fronte alle telecamere dei telefonini durante una manifestazione di protesta all'Università di Khartoum, attacca frontalmente uno degli uomini più potenti del Sudan, Nafie Ali Nafie, vicepresidente dello Ncp e assistente del presidente Bashir, e che pochi giorni dopo viene arrestato a casa sua, sotto gli occhi di sua madre, e sparisce per settimane: è questo Mohammed Hassan Alim, meglio conosciuto come Boushi. E mentre è in detenzione, il video del suo intervento all'università, immediatamente postato su YouTube, viene visto da più di 230mila persone, mentre la sua vicenda fa il giro di Twitter e Facebook, dove vengono aperte pagine in suo sostegno in arabo e in inglese. Vi ricorda qualcosa?

mercoledì 11 gennaio 2012

Violenze in Sud Sudan, la sfida per Unmiss


Nel mio ultimo post, ho riportato le parole esatte pronunciate dalla Rappresentante speciale del Segretario Generale dell'ONU, Hilde Johnson, sulla conferma o meno del bilancio provvisorio delle vittime degli scontri nella contea di Pibor che era circolato nei giorni prima.
Lo riporto di nuovo. Tra le altre cose Johnson qualche giorno fa ha detto che
 "al momento non siamo certi dei numeri, ma sappiamo che le aree più popolose come Pibor e Likuangole sono state ampiamente protette. Abbiamo bisogno di valutare la situazione con cura".
Sappiamo che le aree più popolose sono state ampiamente protette. A cosa si riferiscono queste parole? Chi ha protetto chi? Venendo dal capo della missione di pace delle Nazioni Unite, direi che è ovvio che si riferiscano al ruolo dei caschi blu di Unmiss. Che necessità aveva Johnson di sottolinearlo?

lunedì 9 gennaio 2012

Ancora su Pibor: un anniversario di riflessione per il Sud Sudan


A pochi giorni dagli attacchi dei lou nuer alla contea di Pibor, terra dei murle, le Nazioni Unite e le organizzazioni umanitarie, governative e non, presenti in Sud Sudan hanno avviato una "major emergency operaration"nel Jonglei sud-orientale. "Questa operazione d'emergenza sarà la più complessa e costosa in Sud Sudan da quando il Comprehensive Peace Agrement è stato firmato nel 2005", ha detto Lisa Grande, humanitarian coordinator delle Nazioni Unite nella neonata repubblica. 


La firma del Cpa: 9 gennaio 2005. L'inizio del referendum con cui il Sud Sudan ha scelto l'indipendenza: 9 gennaio 2011. Mi fa sinceramente uno strano effetto ripensare all'immensa gioia e all'orgoglio con cui i sudsudanesi si sono recati alle urne un anno fa per scegliere il futuro del loro paese e paragonarli con le nubi scure che coprono l'orizzonte attuale del Sud Sudan.

sabato 7 gennaio 2012

Scontri tribali in Sud Sudan, solo violenza "tradizionale"?

Pubblico anche qui l'articolo scritto per Repubblica online sugli scontri dei giorni scorsi nella contea di Pibor, Jonglei orientale. Aggiungo però anche un servizio del 3 gennaio di Al-Jazeera English, in esclusiva dalla città di Pibor, perché le immagini servono sempre.


Villaggi rasi al suolo dalle fiamme, 3141 vittime, di cui 2182 tra donne e bambini e 959 uomini, decine di migliaia di bovini rubati: è questo il bilancio, ancora provvisorio, delle violenze che nei giorni scorsi hanno insanguinato la contea di Pibor, nel Sud Sudan centro-orientale. Una violenza largamente prevedibile, in realtà, ma che nessuno è riuscito a fermare: nell'ultima settimana del 2011, l'anno che ha visto la tanto attesa indipendenza del Sud Sudan, circa seimila lou nuer hanno raggiunto e attaccato diversi villaggi della contea, terra della popolazione murle, una delle molte decine che compongono il complesso mosaico etnico della nuova repubblica.

martedì 27 dicembre 2011

Khalil Ibrahim e George Athor: destini paralleli in Sudan e Sud Sudan

Due leader ribelli uccisi a pochi giorni di distanza l'uno dall'altro. Il primo a cadere è stato il generale George Athor, da circa un anno e mezzo in armi contro il governo del Sud Sudan. Il secondo, la cui morte è stata annunciata nelle prime ore del giorno di Natale, è Khalil Ibrahim, da dieci anni presidente del Justice and equality movement (Jem), uno dei gruppi ribelli "originali" del Darfur.
Due morti che hanno smosso le acque limacciose delle situazioni interne di Sudan e Sud Sudan e che potrebbero avere delle conseguenze di medio e lungo termine. O forse no, perché è difficile, ora come ora, prevedere cosa succederà ai movimenti che i due leader avevano fondato e che dirigevano e come quindi evolveranno le cose.

Ma chi erano George Athor e Khalil Ibrahim? Iniziamo dal primo a cadere, l'ultimo a prendere le armi contro il suo governo. Fino a inizio 2010 Athor è stato un generale dello Spla, l'ex movimento ribelle diventato, dopo la pace del 2005, esercito regolare del Sud Sudan. Negli anni successivi al Cpa era stato promosso a vice capo di stato maggiore del nuovo esercito, con la delega per l'orientamento politico e morale. Ma alla vigilia delle elezioni generali del 2010 Athor ha deciso di sfidare il candidato scelto dal partito per il posto di governatore dello stato di Jonglei, Kuol Manyang Juuk, e si è quindi presentato come indipendente. Quando le urne hanno dato la vittoria a Kuol Manyang, Athor non ha accettato il risultato, a suo dire (e secondo molti altri in Jonglei) fasullo, e ha preso le armi contro l'esercito di cui aveva fatto parte, nei suoi gradi più alti, fino a pochi mesi prima.

venerdì 25 novembre 2011

Egitto, Sudan: quando l'attivismo politico costa carissimo

Oggi è la giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Sacrosanta, ovunque nel mondo: nelle nostre città del Nord ricco e ancora di più in paesi dove, accanto alla violenza privata, resiste ancora una violenza pubblica sulle donne. Emblematico è allora il caso di Mona el-Tahawy, blogger, opinionista e giornalista egiziana e americana, molto conosciuta in entrambi i suoi paesi, che l'altro ieri è stata arrestata al Cairo, tenuta 12 ore sotto custodia (si fa per dire... la parola custodia presupporrebbe una cura e un'attenzione che in questi casi mancano sempre!) degli uomini della Sicurezza dello Stato, che l'hanno bendata, picchiata e assalita sessualmente. Hanno scelto la persona sbagliata. Perché appena liberata, grazie anche alla sua doppia nazionalità, Mona ha ripreso a twittare, anche se con una mano e un braccio rotti dalle botte. E la sua fama internazionale ha fatto sì che la notizia di quello che le è successo abbia fatto il giro del mondo. Qui di seguito il video della sua intervista con la CNN.


mercoledì 23 novembre 2011

Rivoluzioni on air: non solo Cairo

Sono giorni convulsi questi. Nella mia amata Cairo, ad Alessandria, nel resto dell'Egitto. Ma anche negli altri paesi del Medio Oriente e del Nord Africa. Sto cercando di seguire passo passo soprattutto gli eventi del Cairo, che sento più vicini a me. Però non ne voglio parlare qui, non adesso almeno. Vi consiglio invece di seguire con attenzione sia il blog di Paola Caridi, sia il sito di Arabist, da cui ho tratto questa "mappa" delle posizioni dei diversi movimenti, partiti e personalità egiziane rispetto alle offerte dello SCAF.

dal sito www.arabist.net

domenica 13 novembre 2011

Le dimissioni

Complici le edizioni speciali domenicali, le dimissioni di Berlusconi sono oggi presenti sui giornali britannici meno di quanto ci si sarebbe aspettati. Ma ovviamente ci sono, in grande evidenza. Vediamole.

L'Independent on Sunday









































giovedì 10 novembre 2011

The day after

                   
La giornata di ieri sui mercati è stata per l'Italia una giornata nerissima. Oggi i giornali britannici la raccontano così.

Il Financial Times


                                           

mercoledì 9 novembre 2011

Rassegna stampa fotografica


Ho iniziato quasi per gioco, sulla mia pagina di Facebook. Ma siccome in queste ultime settimane le notizie italiane hanno avuto molto spazio sui giornali britannici, è diventato un "appuntamento gradito", come mi ha scritto oggi un amico. E così, iniziando dalla fine, ho pensato di pubblicare le foto degli articoli riguardanti l'Italia, e Berlusconi in particolare, anche su BorderLand. Un modo per compensare l'assenza dal microfono per la rassegna della stampa estera di Radio3, che stando qui a Durham non riesco a fare per ovvi motivi geografici.

Iniziamo dal Financial Times: prima pagina, p. 5 e p. 6