Le news che arrivano dal Sudan, in particolare dal Southern Kordofan e dalla sua capitale, Kadugli, ancora teatro di scontri, sono sempre scarse e piuttosto confuse. Intanto, da Juba le Nazioni Unite aggiornano i dati umanitari: da giugno 2010 a fine maggio 2011 1556 persone sono state uccise in Sud Sudan. Una cifra altissima, anche perchè il maggior numero di vittime è stato causato dagli scontri tra SPLA e diverse milizie ribelli sud-sudanesi negli ultimi mesi, da metà febbraio in poi.
E questo per le notizie. C'è però dell'altro.
Su Al-Jazeera English c'è questo commento di una blogger dello Zimbabwe. I toni sono un po' troppo accesi per i miei gusti e alcune definizioni sono tagliate con l'accetta - cosa sempre pericolosa, rischia di alimentare o confermare giudizi più o meno errati e questo non aiuta certo la comprensione - ma solleva un punto importante: la situazione in Sudan rischia di degenerare e media e attivisti internazionali, dice l'autrice stanno rifacendo lo stesso errore commesso in Darfur e altrove. Ovvero quello di spiegare tutto in un bianco e nero estremo, buoni vs. cattivi. Dove i cattivi sono di nuovo Bashir e i suoi. Mentre alcune news - ad esempio quella riguardante l'accusa allo SPLA di aver incendiato più di 7000 case a e intorno a Mayom - che arrivano dal Sud Sudan dimostrano che in guerra non esistono santi.
Ormai dovremmo averlo imparato, dovremmo saperlo tutti. E dovremmo anche sapere che la narrazione in bianco e nero non solo non è corretta, ma crea anche un terreno scivoloso che non aiuta neanche dal punto di vista politico-diplomatico, in caso di eventuali dialoghi e negoziati. Eppure, ogni volta si corre il rischio di ricadere nello stesso errore. Perché semplificare, ridurre tutto a buoni contro cattivi, i nostri contro i loro, è più facile. Per i giornalisti, per gli attivisti, per i lettori. Questo almeno è quello che presumono spesso le redazioni dei giornali. Mostrare le luci e le ombre di una parte e dell'altra rischia di confondere l'audience (o la readership). Manco tutti i lettori, gli ascoltatori o gli spettatori fossero totalmente stupidi. Ovviamente non è così, anzi. Dalla mia esperienza, posso dire senza ombra di dubbio che la gente vuole capire, vuole andare un po' più in profondità. Anche a costo di scoprire che i records dei "buoni" non sono poi così immacolati e che magari anche i "cattivi" qualche ragione ce l'hanno.
Che ne pensate?
E questo per le notizie. C'è però dell'altro.
Su Al-Jazeera English c'è questo commento di una blogger dello Zimbabwe. I toni sono un po' troppo accesi per i miei gusti e alcune definizioni sono tagliate con l'accetta - cosa sempre pericolosa, rischia di alimentare o confermare giudizi più o meno errati e questo non aiuta certo la comprensione - ma solleva un punto importante: la situazione in Sudan rischia di degenerare e media e attivisti internazionali, dice l'autrice stanno rifacendo lo stesso errore commesso in Darfur e altrove. Ovvero quello di spiegare tutto in un bianco e nero estremo, buoni vs. cattivi. Dove i cattivi sono di nuovo Bashir e i suoi. Mentre alcune news - ad esempio quella riguardante l'accusa allo SPLA di aver incendiato più di 7000 case a e intorno a Mayom - che arrivano dal Sud Sudan dimostrano che in guerra non esistono santi.
Ormai dovremmo averlo imparato, dovremmo saperlo tutti. E dovremmo anche sapere che la narrazione in bianco e nero non solo non è corretta, ma crea anche un terreno scivoloso che non aiuta neanche dal punto di vista politico-diplomatico, in caso di eventuali dialoghi e negoziati. Eppure, ogni volta si corre il rischio di ricadere nello stesso errore. Perché semplificare, ridurre tutto a buoni contro cattivi, i nostri contro i loro, è più facile. Per i giornalisti, per gli attivisti, per i lettori. Questo almeno è quello che presumono spesso le redazioni dei giornali. Mostrare le luci e le ombre di una parte e dell'altra rischia di confondere l'audience (o la readership). Manco tutti i lettori, gli ascoltatori o gli spettatori fossero totalmente stupidi. Ovviamente non è così, anzi. Dalla mia esperienza, posso dire senza ombra di dubbio che la gente vuole capire, vuole andare un po' più in profondità. Anche a costo di scoprire che i records dei "buoni" non sono poi così immacolati e che magari anche i "cattivi" qualche ragione ce l'hanno.
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