Non è sempre semplice seguire i fatti africani da lontano. Bisogna affidarsi ad agenzie, giornali e network internazionali, che talvolta semplificano troppo, o travisano, le informazioni che ricevono. Ma se ci sono le immagini, tutto sembra più semplice. E se c'è un canale attraverso cui poter accedere a una copertura efficace, anche attraverso le immagini, questo è al-Jazeera English.
Come in tutti gli altri casi di grandi network o di più o meno piccole agenzie e testate giornalistiche, anche al-Jazeera non è immune da possibili semplificazioni, travisamenti o dal sospetto che su certe questioni il suo editore, lo stato (e quindi lo sceicco) del Qatar, abbia una "hidden agenda". Ciò non toglie però che sul Medio Oriente e l'Africa (ma non solo) la copertura sia ottima e spesso il network riesca a dare informazioni o a imbandire dibattiti che altri non hanno. Facendo anche qualche bello scoop.
Qualche giorno fa, il sito apriva con un articolo, con video annesso, sulle parole dette dal governatore del Kordofan meridionale, Ahmed Haroun, alle truppe Saf poco prima di uno scontro con lo Spla-N. Haroun è un personaggio controverso. Molto ben inserito nella struttura del regime guidato da Bashir, a metà degli anni 2000 era sottosegretario al ministero degli interni, incaricato del desk Darfur. E come tale - ha sostenuto già nel 2007 l'ormai ex procuratore generale del Tribunale Penale Internazionale dell'Aja, Moreno-Ocampo - si è reso responsabile di crimini di guerra e crimini contro l'umanità. Per questo ormai da cinque anni pende sul suo capo un mandato di cattura internazionale emesso dai giudici del Tpi.
Haroun è da qualche anno il governatore del Kordofan meridionale. Uno stato di grandissima rilevanza economica e strategica per Khartoum, soprattutto in vista (all'epoca della nomina) dell'eventuale indipendenza del Sud Sudan e della perdita del suo petrolio. Ma anche uno stato estremamente fragile, dopo i sei anni di pace intercorsi tra la firma del CPA e l'indipendenza di Juba sono stati tutt'altro che completamente pacifici. E dopo il conflitto è riscoppiato un mese prima dell'indipendenza sudsudanese del 9 luglio scorso.
E' in questo quadro che il video di al-Jazeera che riporta le immagini di Haroun che motiva le truppe invitando i soldati a "non fare prigionieri", di "non portarli indietro, perché non abbiamo posto", di "mangiarli vivi". Parole durissime, che non lasciano molto spazio alle interpretazioni.
Da Khartoum avvertono di non estrapolarle dal contesto, che Haroun stava solo motivando le truppe. Forse, ma le parole rimangono pericolosamente scivolose. E anche l'interpretazione fornita alla stessa al-Jazeera da Rabi Abdel Atti, consigliere del ministero dell'informazione di Khartoum, non convince moltissimo. L'esercito sudanese, spiega Atti, sta combattendo una guerra contro dei ribelli, non contro i civili. E fin qui ci siamo, il conflitto in Kordofan meridionale questo è: una guerra. Quindi, continua il ragionamento di Atti, Haroun fa bene a chiedere ai soldati di uccidere i ribelli: non si tratta di un ordine che riguarda azioni contro i civili, ma solo contro chi ha preso le armi contro il governo. All'appunto della conduttrice, che gli fa notare che esistono convenzioni internazionali sul diritto di guerra, Atti sembra non capire proprio la questione. Che invece è spiegata - ancora ai microfoni di Al-Jazeera - proprio da Luis Moreno-Ocampo:
Il network qatarino non ha dato solo amplissimo spazio alle parole di Haroun e al successivo dibattito. In un video mandato in onda ieri ha mostrato altre immagini difficili se non impossibili da vedere altrimenti: le tracce delle bombe sudanesi a pochi metri dalle installazioni petrolifere del Sud Sudan, nello stato di Unity. Per un'informazione veramente completa e bilanciata ci vorrebbero anche i video dei villaggi attaccati dallo Spla-N in Kordofan meridionale o delle aree dello stesso stato in cui sono entrati i soldati sudsudanesi dello Spla nei giorni scorsi, per sentire anche quelle voci e poter così verificare le versioni contrastanti date sempre e solo dai diretti interessati. Ma qui anche al-Jazeera può poco, perché è il governo di Khartoum a non permettere ai giornalisti stranieri (agli stranieri in genere, oserei dire) l'accesso alle regioni in conflitto. Mettendosi così doppiamente in cattiva luce. Perché è diventa così naturale pensare che se Khartoum non vuole osservatori stranieri, avrà qualcosa da nascondere. E quindi tutto ciò che viene detto dall'altra parte della frontiera diventa automaticamente molto più credibile.
Ma forse il governo in questo momento ha altro a cui pensare. E di nuovo vale la pena attingere alle risorse del network del Qatar, per rivedere la puntata del 31 gennaio scorso del programma "The Stream" in cui si faceva il punto della situazione interna al Sudan dopo sei mesi, quasi sette, dalla secessione del Sud Sudan. Andando a intervistare i giovani attivisti e i blogger, innanzitutto, e riportando sulla pagina del sito dedicata alla trasmissione materiale (di nuovo) altrimenti difficilmente reperibile. Vale la pena di spenderci un po' di tempo, buona lettura e visione!
PS: Secondo alcuni tweets di oggi pomeriggio, Haroun avrebbe promesso di denunciare al-Jazeera (sia il canale in inglese che quello in arabo) per diffamazione, per aver "fabbricato" il video di cui sopra.
Come in tutti gli altri casi di grandi network o di più o meno piccole agenzie e testate giornalistiche, anche al-Jazeera non è immune da possibili semplificazioni, travisamenti o dal sospetto che su certe questioni il suo editore, lo stato (e quindi lo sceicco) del Qatar, abbia una "hidden agenda". Ciò non toglie però che sul Medio Oriente e l'Africa (ma non solo) la copertura sia ottima e spesso il network riesca a dare informazioni o a imbandire dibattiti che altri non hanno. Facendo anche qualche bello scoop.
Qualche giorno fa, il sito apriva con un articolo, con video annesso, sulle parole dette dal governatore del Kordofan meridionale, Ahmed Haroun, alle truppe Saf poco prima di uno scontro con lo Spla-N. Haroun è un personaggio controverso. Molto ben inserito nella struttura del regime guidato da Bashir, a metà degli anni 2000 era sottosegretario al ministero degli interni, incaricato del desk Darfur. E come tale - ha sostenuto già nel 2007 l'ormai ex procuratore generale del Tribunale Penale Internazionale dell'Aja, Moreno-Ocampo - si è reso responsabile di crimini di guerra e crimini contro l'umanità. Per questo ormai da cinque anni pende sul suo capo un mandato di cattura internazionale emesso dai giudici del Tpi.
Haroun è da qualche anno il governatore del Kordofan meridionale. Uno stato di grandissima rilevanza economica e strategica per Khartoum, soprattutto in vista (all'epoca della nomina) dell'eventuale indipendenza del Sud Sudan e della perdita del suo petrolio. Ma anche uno stato estremamente fragile, dopo i sei anni di pace intercorsi tra la firma del CPA e l'indipendenza di Juba sono stati tutt'altro che completamente pacifici. E dopo il conflitto è riscoppiato un mese prima dell'indipendenza sudsudanese del 9 luglio scorso.
E' in questo quadro che il video di al-Jazeera che riporta le immagini di Haroun che motiva le truppe invitando i soldati a "non fare prigionieri", di "non portarli indietro, perché non abbiamo posto", di "mangiarli vivi". Parole durissime, che non lasciano molto spazio alle interpretazioni.
Da Khartoum avvertono di non estrapolarle dal contesto, che Haroun stava solo motivando le truppe. Forse, ma le parole rimangono pericolosamente scivolose. E anche l'interpretazione fornita alla stessa al-Jazeera da Rabi Abdel Atti, consigliere del ministero dell'informazione di Khartoum, non convince moltissimo. L'esercito sudanese, spiega Atti, sta combattendo una guerra contro dei ribelli, non contro i civili. E fin qui ci siamo, il conflitto in Kordofan meridionale questo è: una guerra. Quindi, continua il ragionamento di Atti, Haroun fa bene a chiedere ai soldati di uccidere i ribelli: non si tratta di un ordine che riguarda azioni contro i civili, ma solo contro chi ha preso le armi contro il governo. All'appunto della conduttrice, che gli fa notare che esistono convenzioni internazionali sul diritto di guerra, Atti sembra non capire proprio la questione. Che invece è spiegata - ancora ai microfoni di Al-Jazeera - proprio da Luis Moreno-Ocampo:
"'Take no prisoners' means a crime against humanity or a war crime, because if the prisoner was a combatant it is a war crime and if the pisoner was a civilian it's a crime against humanity. In both cases, it confirms the pattern that Mr Harun should be arrested and brought before the ICC to stop the crimes."Ma il Tpi non può farlo, perché non ha esercito né polizia. Dovrebbero in teoria farlo i paesi che riconoscono il Tribunale, quelli che hanno firmato il trattato di Roma del 2000. Quindi non il Sudan, che non è parte del trattato e che riconosce la giurisdizione del Tpi. E ovviamente Haroun, così come Bashir, sta bene attento a non entrare nel territorio di un paese firmatario (nel caso di Bashir, ci sono stati viaggi in Ciad, in Kenya e in altri paesi firmatari che però avevano garantito al governo di Khartoum che avrebbero rispettato le indennità presidenziali di Bashir).
Il network qatarino non ha dato solo amplissimo spazio alle parole di Haroun e al successivo dibattito. In un video mandato in onda ieri ha mostrato altre immagini difficili se non impossibili da vedere altrimenti: le tracce delle bombe sudanesi a pochi metri dalle installazioni petrolifere del Sud Sudan, nello stato di Unity. Per un'informazione veramente completa e bilanciata ci vorrebbero anche i video dei villaggi attaccati dallo Spla-N in Kordofan meridionale o delle aree dello stesso stato in cui sono entrati i soldati sudsudanesi dello Spla nei giorni scorsi, per sentire anche quelle voci e poter così verificare le versioni contrastanti date sempre e solo dai diretti interessati. Ma qui anche al-Jazeera può poco, perché è il governo di Khartoum a non permettere ai giornalisti stranieri (agli stranieri in genere, oserei dire) l'accesso alle regioni in conflitto. Mettendosi così doppiamente in cattiva luce. Perché è diventa così naturale pensare che se Khartoum non vuole osservatori stranieri, avrà qualcosa da nascondere. E quindi tutto ciò che viene detto dall'altra parte della frontiera diventa automaticamente molto più credibile.
Ma forse il governo in questo momento ha altro a cui pensare. E di nuovo vale la pena attingere alle risorse del network del Qatar, per rivedere la puntata del 31 gennaio scorso del programma "The Stream" in cui si faceva il punto della situazione interna al Sudan dopo sei mesi, quasi sette, dalla secessione del Sud Sudan. Andando a intervistare i giovani attivisti e i blogger, innanzitutto, e riportando sulla pagina del sito dedicata alla trasmissione materiale (di nuovo) altrimenti difficilmente reperibile. Vale la pena di spenderci un po' di tempo, buona lettura e visione!
PS: Secondo alcuni tweets di oggi pomeriggio, Haroun avrebbe promesso di denunciare al-Jazeera (sia il canale in inglese che quello in arabo) per diffamazione, per aver "fabbricato" il video di cui sopra.
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