giovedì 2 febbraio 2012

Lavoro gratis? No grazie!

Vi sembrerà un titolo estraneo a questo blog. E soprattutto scontato. Non lo è, in entrambi i casi.

Oggi avrei dovuto scrivere dei rapporti della Cina con il Sudan e il Sud Sudan, dei cinesi rapiti in Kordofan meridionale nei giorni scorsi, della questione petrolifera irrisolta tra i due paesi fratelli. Tutti argomenti connessi l'uno con l'altro, che mi appassionano. Avrei dovuto scriverne per un sito molto visitato, di una testata (a ragione) molto quotata, parte di un gruppo editoriale tra i primi del paese.

Mi sono rifiutata. Ho provato a mettermici, ma non ci sono riuscita, nonostante sappia che sarebbe opportuno fare un po' di chiarezza sulla questione. Ma l'idea di lavorare delle ore sapendo a priori che per quel lavoro non sarò pagata mi ha bloccato. E così ho chiesto conferma che le cose non sono cambiate rispetto a quando, anni fa, mi era stato offerto di scrivere gratis più o meno stabilmente sullo stesso sito. Mi è stato risposto, da un amico redattore che so bene che ha le mani legate, che no, non è cambiato nulla.

All'epoca avevo già detto di no. Scrivere per i giornali era la mia principale attività professionale e quindi ritenevo profondamente ingiusto non essere pagata. Certo, avrei avuto visibilità. Ma con la visibilità, avevo risposto allora, non pagavo l'affitto a Roma.
Oggi ho detto di no per gli stessi motivi, ma anche per una questione di principio. Non solo sono profondamente convinta che il lavoro vada pagato adeguatamente (che idee rivoluzionarie, eh?), ma sono anche stanca di guardarmi intorno e vedere una corsa al ribasso sulla qualità (soprattutto ma non solo) del lavoro intellettuale. Non solo la sola, sia ben chiaro. E allora vi ripropongo qui la parte finale di un post di qualche tempo fa di Silvia Bencivelli, ex collega di Radio3, con cui mi sono confrontata anche oggi pomeriggio (e che ringrazio).
Perché se il lavoro intellettuale si deteriora e comincia a vivere su un gioco al ribasso, chi ci dice che continuerà a produrre cosine di pregio e spessore? Eh: non è che pagare tanto ti garantisca un buon prodotto, ma di sicuro pagare poco ti mette ad alto rischio schifezza. E quella schifezza la beviamo noi e se la bevono anche quei due che erano seduti ai banchi in fondo, e che di certo non si meritavano dei compagni di classe egoisti e irragionevoli come noi.Allora l’alternativa, semplicemente, è darci un taglio e declinare l’offerta, provando a pensare per un attimo come si sarebbero comportati i sanguigni genitori dei nostri compagni di classe se per fare le notti in ospedale o per stare in catena di montaggio avessero offerto loro zero lire. Perché, insomma, ci pregiamo di fare un lavoro intellettuale ma poi non sappiamo nemmeno ricordarci che il nostro è e deve essere un lavoro, un lavoro come tutti gli altri che costruiscono il mondo. E il lavoro si paga, sennò è un hobby.

Il grassetto è mio, perché ritengo che stia tutto lì il nocciolo della questione. Un nocciolo con due facce. La prima è senz'altro responsabilità di chi accetta di scrivere comunque. La seconda però è responsabilità delle scelte di giornali, riviste o chiunque altro offra lavoro gratuito o sottopagato. Non possono non rendersi conto che questa corsa al ribasso rischia di danneggiare la qualità del prodotto che offrono. Ma probabilmente campano sulla smania di apparire di questo paese ormai disastrato. Contano più i click dei contenuti, anche per chi quei contenuti li pubblica. E non interessa a nessuno se il tizio X conosce e sa scrivere o parlare molto meglio del tizio Y, che magari prende sonore cantonate: se X vuole essere pagato o si oppone all'ennesimo abbassamento annuale del compenso (giusto per citare un tema che Silvia e gli altri atipici Rai conoscono bene), si troverà sempre qualche Y, che magari ha meno esperienza, preparazione e capacità di X, pronto a riempire il buco. Con buona pace di lettori, ascoltatori, telespettatori.

Quanto alla questione petrolifera tra Nord e Sud Sudan e al ruolo della Cina, ci tornerò, promesso. Se devo scrivere gratis, almeno lo faccio per una cosa mia com'è il blog. Ma non oggi. 

4 commenti:

  1. Non si può che essere d'accordo. Pr parte mia scrivo gratis solo raramente, direi una volta su cento. Altrimenti offro gratis il riciclo del mio blog. Per ora infatti non sono ancora roiuscito a trovare il modo di pagarmi

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    1. Sì, questa è l'eventuale alternativa. Comunque non è una questione che si limita al solo lavoro gratuito, ma anche a quello sottopagato. E sappiamo bene che i prezzi correnti sia per le testate online che per i cartacei sono tutt'altro che alti. C'è stata negli ultimi 5 anni circa una corsa al ribasso, in senso contrario rispetto al costo della vita. Anche questo di fatto va a ledere qualità e dignità professionale.

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  2. Il dramma è che se non lo facciamo noi, i redattori al caldo trovano altri, oppure, cercano in rete, traducono e pubblicano. Anche nelle grandi agenzie oramai vale la legge della traduzione: non ha senso che uno si sbatta per trovare articoli se poi le grandi agenzie straniere non hanno la notizia. La tua non vale. Io sto pensando di aprire una pizzeria. Offro filiali in Afghanistan e in Sudan. Fatevi avanti.

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  3. mi sa che rimane l'unica alternativa, in effetti...

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