Grazie a un amico che l'ha postato su Facebook, mi sono appena imbattuta in questo bell'articolo di Gian Antonio Stella. Un articolo amaro, che si chiude con una speranza quasi utopica per questo paese: rilanciare e investire nella cultura, a iniziare dalla scuola di base, per fermare l'incuria, il degrado, la corruzione. Dice Stella:
I confronti su 125 nazioni, stando ai dati dell'Università di Costanza, non lasciano dubbi: dove c'è più cultura c'è più innovazione, più sviluppo, più ricchezza e meno corruzione.
Rovesciamo: dove c'è meno cultura c'è meno innovazione, meno sviluppo, meno ricchezza, più corruzione.
Non mi sembra niente di particolarmente rivoluzionario. Mi spiego meglio: sarebbe rivoluzionario se l'Italia facesse un percorso di questo tipo. Ma in sé l'idea che più cultura e ricerca portano più innovazione, più sviluppo e quindi più ricchezza mi pare lapalissiano.
Ma evidentemente per decenni in questo paese i cosiddetti "decisori politici" non se ne sono resi conto. O se l'hanno fatto, hanno preferito non darlo a vedere e non agire di conseguenza. E ora chi, per sua ostinata e donchisciottesca testardaggine, ha comunque investito a livello personale su studio e cultura si trova di fronte a una scelta a senso unico: o vivere di briciole ed espedienti oppure portare all'estero le capacità e il bagaglio più o meno grande di sapere che ha accumulato e che qui in Italia, se anche riconosciuto, non trova nessuno spazio e non viene apprezzato.
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